Il pesco

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L’Italia è fra i maggiori produttori al mondo di pesche dopo gli Stati Uniti, e gli splendidi fiori rosa del pesco sono una vista familiare nei parchi e nei giardini del nostro Paese. Introdotto secondo la tradizione da Alessandro Magno durante la sua gloriosa spedizione, il pesco è probabilmente originario della Cina, ma ormai è diventato “italiano” a tutti gli effetti, soprattutto in Emilia-Romagna, Campania, Veneto e Lazio. Proprio dalla Romagna, e per la precisione da Ravenna, hanno origine i primi pescheti specializzati in Italia, allafine del diciannovesimo secolo. Di per sé il pesco è un albero non troppo alto (circa otto metri), con foglie lanceolate e seghettate, fiori di varie sfumature di rosa e bianco e i caratteristici, deliziosi frutti, dolci e succosi. Il pesco di solito viene piantato attraverso innesto per avere più controllo sulla qualità del frutto, e dopo un anno dall’innesto si può passare alla coltivazione. Il pesco ha bisogno di molta acqua, con un terreno umido, ma di contro è un albero da frutto piuttosto resistente, che non teme né la temperatura troppo bassa né i raggi diretti del sole; naturalmente i risultati migliori si hanno in presenza di climi miti, senza gelate invernali ed eccessiva afa estiva, più che altro affinché la qualità dei frutti sia sempre elevata. Tra le varietà di pesche diffuse nel nostro paese, le classiche pesche gialle, con pelle vellutata, nocciolo libero, polpa succosa e profumata, le pesche bianche con nocciolo aderente e polpa filamentosa, la nettarina o pesca noce, il percoco o percoca, ideali soprattutto per l’impiego industriale, la merendella tipica calabra (nelle varietà delle tre “Madonne”, di giugno, di luglio e di agosto), la pesca saturnina o tabacchiera e la pesca di Bivona o montagnola. I frutti maturano tra la prima e la seconda decade di maggio al sud ma alcune cultivar arrivano anche fino a settembre.