Le monete romane

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Mentre in Grecia la moneta, intorno al quarto secolo avanti Cristo, aveva già raggiunto una diffusione notevole, a Roma, nel periodo monarchico e nei primi secoli del periodo repubblicano, gli scambi avvenivano con scorie di bronzo chiamate aes rude, da pesare ogni volta e pertanto molto scomode. Si arrivò quindi a usare delle tavolette di bronzo con su scritto il valore, dette aes signatum.La prima moneta davvero standard fu infine l’aes grave o asse, intorno all’avvio dei commercio sul mare, verso la metà del quarto secolo. A Roma si diffuse quindi un tipo di monetazione fiduciaria (basata cioè su un valore non legato a quello del metallo) simile a quello greco. La moneta d’argento più importante, su cui si resse tutto il sistema monetario romano, fu il denario, del valore di dieci assi e poi di sedici, introdotto nel 211 a. C. Molto usata anche la sua frazione, il sesterzio, pari a un quarto del valore del denario.Per tutta l’età repubblicana e i primi secoli di quella imperiale il denario fu la moneta di scambio di Roma; solo nel terzo secolo dopo Cristo Caracalla lo fece sostituire con l’antoniano. Tra le monete in bronzo, invece, la più importante rimase sempre l’asse. Le monete d’oro (gli aurei) furono sempre poco diffuse almeno fino alla conquista delle Gallie da parte di cesare. La storia dei secoli successivi è soprattutto una di svalutazione delle monete e riduzione del loro peso, con continue riforme. Molto importante per la numismatica fu il periodo della tetrarchia a seguito della riforma di Diocleziano, quando si diffuse una rappresentazione più astratta dell’imperatore sul dritto delle monete. L’ultima grande riforma dell’impero romano fu quella di Costantino, che introdusse il solido d’oro e i suoi sottomultipli: miliarense, siliqua e, al posto dell’ormai svalutato follis di bronzo, il nummus centonionalis.