Le legendae e i martirologi

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Antichi quasi quanto le origini del Cristianesimo, i martirologi sono una sorta di calendari con indicate, per ogni mese e giorno, le date del martirio di uno o più cristiani, col tempo arricchite di varie informazioni fino a diventare delle vere e proprie piccole biografie. Il più famoso dei martirologi storici è quello geronimiano, compilato a Roma nel sesto secolo dopo Cristo e attribuito, come suggerisce il nome, a san Girolamo. Altri martirologi di grande diffusione furono quelli di Beda il Venerabile e di Ususardo. Per quanto riguarda le legendae, si tratta di testi divisi in brani narrativi che venivano incorporati nel Mattutino e venivano letti in pubblico. Per la composizione delle legendae (il cui nome significa proprio “ciò che deve venire letto”, durante l’Ufficio delle letture) si cercava di attenersi il più possibile agli Atti dei Martiri, cioè i vernali dei processi a carico dei cristiani condannati. Se sulle prime le legendae ebbero un contenuto tutto sommato scarno e attinente ai fatti, col tempo crebbero fino a diventare dei veri e propri racconti dove l’immaginazione la faceva da padrone, con un notevole abuso del meraviglioso per stupire e suscitare l’ammirazione degli uditori. Nel tredicesimo secolo cominciarono a circolare, ad opera soprattutto dei Domenicani, dei leggendari abbreviati, una sorta di “riassunto” che poteva essere letto e divulgato da tutto il clero (i leggendari completi erano infatti di solito dei codici riccamente miniati, di proprietà delle principali abbazie e dei più grandi monasteri, destinati a un uso soltanto liturgico, e accedervi era molto difficile per chi non vi risiedeva). La compilazione più importante dell’epoca è sicuramente la Legenda aurea del domenicano italiano Jacopo da Varagine (Varazze), composto verso la metà del tredicesimo secolo e di così larga diffusione che ne esistono ancora oggi più di mille manoscritti latini.