Il Carlino

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Il quotidiano simbolo di Bologna si chiama «Il Resto del Carlino», nome che non è immediatamente comprensibile per chi non ne conosce la storia o non è esperto di numismatica. In origine a Firenze, sul finire del diciannovesimo secolo, esisteva un giornale chiamato «Il Resto al sigaro», il cui costo era di due centesimi; visto che un sigaro ne costava otto, sovente i due prodotti erano venduti insieme per una moneta da dieci centesimi. L’idea venne portata a Bologna da alcuni amici, dove assunse il nome di «Il Resto… del Carlino», con tanto di puntini di sospensione; questo perché il carlino era una moneta dello Stato Pontificio coniata fino al 1796, ma i dieci centesimi continuavano a essere colloquialmente chiamati così anche successivamente.

Il carlino dello Stato Pontificio era solo uno dei tanti carlini diffusi in Italia dal 1278, anno in cui Carlo I d’Angiò, re di Napoli e di Sicilia, fece coniare i primi esemplari, sia d’oro che d’argento. Il carlino originale di Carlo I presentava al dritto lo scudo partito con il giglio di Francia e la croce di Gerusalemme, mentre al rovescio si poteva vedere la scena dell’Annunciazione, nota anche come «saluto».

I carlini furono anche emessi da altri sovrani che si chiamavano “Carlo”: ad esempio Carlo Emanuele I di Savoia e Carlo Emanuele III re di Sardegna, o Carlo di Borbone, quando prese possesso del Ducato di Parma e Piacenza. I carlini vennero emessi anche dalla Repubblica Napoletana nei pochi mesi della sua durata, con due monete da dodici e da sei carlini; queste presentavano al dritto la libertà in piedi con un’asta con sopra il berretto frigio tipico dei rivoluzionari, mentre al verso c’era una corona di rami di quercia con l’indicazione del valore e la scritta «anno settimo della libertà», relativa alla Rivoluzione Francese.