Gli annulli prerisorgimentali

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Nella marcofilia l’oggetto del collezionismo è costituito da annulli e timbri postali, ed è considerata una disciplina a sé stante della filatelia, visto che l’oggetto non si limita al francobollo. L’annullo segue poi delle regole tutte sue che riguardano gli inchiostri, le forme, le scritte nel timbro e così via. I francobolli vennero introdotti intorno al 1840, e quasi subito vennero usati i timbri (che già esistevano da alcuni secoli per contrassegnare la posta, ad esempio per autorizzare il passaggio in un determinato Stato o per segnalare peso e contenuto della merce) come annullo.In Italia l’annullamento può essere fatto risalire alla fine del diciottesimo secolo, quando il Regno di Sardegna introdusse il suo uso distinguendo al contempo due diversi tipi di bolli che dovevano essere usati: posta ordinaria e franchigia. In particolare, il bollo per la franchigia era destinato alla posta degli uffici e degli enti che potevano avere esenzioni e autorizzazioni varie per non pagare il servizio postale. Nel 1825 il Regno di Sardegna introdusse il timbro per la posta in franchigia, ovale e con l’intestazione “R. Poste” e indicazione dell’ufficio di utilizzo. Sarà poi il timbro che rimarrà in uso anche nel Regno d’Italia dopo l’unificazione del 1861. Ancora nel 1848 il Regno di Sardegna adottò i bolli tondi (i precedenti erano rettangolari).Nel 1819, lo Stato Pontificio emanava a sua volta quelle che erano le disposizioni per l’affrancatura in denaro per la corrispondenza, con apposito timbro recante la dicitura “affrancata”; di lato doveva essere segnato l’importo di affrancatura e doveva essere impresso il bollo distintivo dell’ufficio postale. Particolari sono poi gli annulli a ferro di cavallo (realizzati dal pittore Carlo La Barbera) introdotti nel Regno delle Due Sicilie nel 1859, poco prima dell’Unità d’Italia, che consentivano l’annullo senza rovinare l’immagine di Ferdinando di Borbone nel francobollo.