Lo stile Napoleone III viene anche chiamato “Secondo impero” ed è considerato una variante del Neobarocco. Il corrispettivo architettonico dello stile Napoleone III sono i rinnovamenti praticati dal barone Haussman a Parigi tra il 1852 e il 1870, che cambiarono volto alla capitale francese con grandi boulevard, nuovi edifici pubblici come le stazioni, la Camera di commercio, il Palais Garnier. In arredamento lo stile Napoleone III si rifà allo stile Impero abbracciando però i cambiamenti portati dall’eclettismo tipico del periodo. Tornano legni come palissandro ed ebano, ma con spessore ridotto: gli scheletri dei mobili ormai sono costruiti in serie e il progresso industriale permette di impreziosire gli oggetti con giochi a intarsio, a bouquets o marchetteria. Allo stesso modo anche l’ornamentazione metallica del Secondo Impero viene sostituita da fusioni a stampo seriale. Ancora oggi lo stile Napoleone III non gode di grandissima fama tra gli antiquari, visto che si è ben lontani dai modelli di raffinatezza e novità, soprattutto relativi al Settecento, degli stili che vengono “citati” e sintetizzati nel nuovo gusto. Il carattere principale dello stile Napoleone III è comunque il ricorso all’industrializzazione e l’abbandono progressivo del lavoro dei grandi artigiani. Eugenia, moglie di Luigi Napoleone, apprezza particolarmente tra questi gli stili Luigi XV e soprattutto Luigi XVI (era affascinata dalla figura di Maria Antonietta), imitando i quali vengono quindi realizzati i caratteristici cassettoni dell’epoca, quasi sempre completati da piani in marmo. Non mancano comunque citazioni del rococò e in genere del tardo settecentesco, con nuove tipologie come l’indiscret, il borne, le tante appliques di bronzo. Gli ebanisti si rifanno soprattutto allo stile Boulle, quindi con elaborati intrecci sulle superfici degli arredi: tra questi Fischer, Monbro, Soriani, Tahan, Wassmus, Winckelsen, Charon e Peindrelle. In Italia il mobile “alla francese” in stile Napoleone III non sfonda fino agli inizi del ventesimo secolo.
