Il ritratto di Manolo

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Quando lo si vedeva arrampicarsi a mani nude lungo pareti verticali, impossibili per chiunque, osservando la sua struttura leggerissima e potente, si pensava forse a un campione sudamericano o spagnolo: Manolo. Invece Manolo altri non è se non il grande (e italianissimo, di Feltre) Maurizio Zanolla, uno dei pionieri dell´arrampicata libera, primo italiano a salire una via d´arrampicata con l´assurda difficoltà 8b. “Il mago”, come è conosciuto tra gli appassionati, si è sempre rifiutato di partecipare alle competizioni di arrampicata, vivendo le sue salite sempre con un´ottica filosofica e personale. Dai suoi 17 anni ha sempre privilegiato l´arrampicata su placa e sul verticale, con appigli sempre più piccoli e una forza mentale straordinaria, in grado di sostenere anche gli equilibri più precari. Tra i suoi leggendari risultati, la salita in falesia del “mattino dei Maghi” nel 1981 in Totoga (7c) e “Ultimo movimento” 8b nel 1986; si supera ancora con l´8c di “The Dream” in Val Noana; il suo primo 9a arriva a 48 anni, nel 2006, “Bain de Sang” nella falesia di Saint-Loup in Svizzera; a cinquanta anni sale “Bimbaluna”, 9a+. Nel 2009 chioda e libera “Eternit”, via di prosecuzione di “O ce l´hai…o ne hai bisogno” nella falesia del Baule. Maurizio Zanolla è anche lo straordinario protagonista di un cortometraggio-documentario dedicato a uno dei momenti epocali della sua carriera, “Verticalmente Démodé” di Davide Carrari, che ha proprio “Eternit” come soggetto: la via più difficile in assoluto per Manolo, aperta a cinquantadue anni, dopo che anni prima lo stesso Manolo aveva decretato i suoi ultimi cinque metri impossibili. Verticale, naturale, senza le vie strapiombanti predilette dell´arrampicata moderna e da sempre schivate del grande freeclimber di Feltre. Un percorso che non è soltanto fisico ma mentale, un´impresa lenta, meditata, faticosissima nel ricercare appigli e microscopiche rughe dove appoggiare tutto il proprio peso. Un´impresa degna di Manolo.