Storia della posta dai Romani al Medioevo

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Dopo le importanti innovazioni nel sistema postale portate dai Persiani con Ciro II, anche un altro grande impero dell’antichità avvertì il bisogno di perfezionare ulteriormente le modalità con cui si potevano trasmettere importanti informazioni, anche strategiche e militari, da una zona remota dei propri dominii fino al potere centrale e viceversa. I Romani infatti curarono la posta con grande attenzione, e Augusto riorganizzò personalmente il “cursus publicus”. I messaggeri romani erano chiamati “tabellari” e le lettere dell’epoca erano tavolette d’osso e di metallo spalmate di cera, poi sostituite da più comodi rotoli di papiro scritte con l'”atramentum”, una specie di inchiostro vegetale.Come Ciro II aveva previsto le prime scuderie per permettere ai messaggeri di cambiare cavallo dopo 24 ore e procedere così al massimo della velocità, anche i romani studiarono delle stazioni di cambio, che chiamarono “statio posita” (da cui “stazioni di posta”). La rete postale dei Romani contava ben duecentomila chilometri di strada, e i corrieri (i “cursores”) erano in grado di percorrere 270 chilometri in 24 ore anche grazie alla straordinaria qualità delle strade romane. Naturalmente con il Medioevo la decadenza che aveva colpito tutta Europa dopo la caduta dell’Impero Romano non poté che riflettersi anche sulla posta: le strade erano in condizioni pietose e la frammentazione statale cancellò di fatto l’efficientissima organizzazione romana. Monaci, studenti e commercianti (le parti “interessate”) tentavano di mantenere il sistema viario in discrete condizioni, per spostarsi da una città all’altra, e si diffuse in parallelo la posta monastica, con il sistema della “rotula” (la pergamena a cui venivano via via aggiunte le risposte e che passava con le informazioni da un monastero all’altro). Fu molto importante anche la rete interna organizzata dagli universitari per mantenere il contatto con le proprie famiglie.