La Lima

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La Lavorazione Italiana Metalli e Affini venne fondata nel 1946 a Vicenza. Non però avendo il fermodellismo come obiettivo: si trattava, infatti, di un’azienda che si occupava prevalentemente della riparazione dei vagoni appartenenti ai treni delle Ferrovie dello Stato che erano state danneggiate durante la Seconda guerra mondiale, oltre alla realizzazione delle parti in alluminio per le carrozze stesse.La destinazione originale non durò, perché le Ferrovie cominciarono a occuparsi di persona delle riparazione; alla Lima non rimase che dedicarsi alla realizzazione di giocattoli in metallo, principalmente miniature per bambini di automobiline, motoscafi, batterie di pentole e così via. All’epoca il fermodellismo “professionale” in Italia era rappresentato quasi esclusivamente dalla Rivarossi; rimaneva però, e fu questa la grande intuizione di Ottorino Bisazza, che nel 1954 acquistò la Lima, una vasta fetta di mercato che era “scoperta”, quella dei bambini e delle loro famiglie. Per prima cosa la Lima sotto la gestione Bisazza passò dal metallo alla plastica, che permetteva un notevole risparmio sui costi di produzione e, quindi, anche un prezzo minore per il prodotto finito. La verosimiglianza non fu mai una grande preoccupazione per la Lima, che iniziò a occuparsi soprattutto di vagoni senza particolari finiture ma di grande impatto visivo per il loro costo ridotto. La scelta si rivelò un successo, e in pochi anni i dipendenti della Lima erano saliti a oltre cinquecento. Negli anni di maggior splendore della società, venivano realizzati 3.000 locomotori, 12.000 vagoni e 30.000 rotaie pronti per essere spediti ogni giorno in ogni angolo del pianeta. Gli anni Ottanta – una decade nera per i trenini giocattoli – colpirono duro anche la Lima, che decise di alzare il livello della produzione passando al fermodellismo di qualità. Negli anni Novanta, i modelli Lima erano in tutto e per tutto paragonabili a quelli Rivarossi. Nel 1992 la Lima venne acquisita proprio dalla Rivarossi, ma la produzione cessò nel 2003.